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I giorni del Cogliona

Prologo

Questo racconto non vuole essere né una critica politica o sociale né scherzare su questa delicata situazione che stiamo vivendo ma un semplice racconto di come sto passando i giorni, le settimane della quarantena.
Nessuno, si dovrà sentire offeso o oltraggiato ma se qualcuno si dovesse sentire offeso vi chiedo gentilmente di contattarmi e parlare decidendo di modificare o cancellare il racconto; il tutto fatto nel rispetto di tutte e di tutti.

 

Prima settimana

FirstWeek

Ero molto intimorito dallo scrivere o meno sull’argomento e ci tengo a precisare, di nuovo, che il mio scrivere su questa situaizone non vuole offendere nessuno, vuole solo analizzare la stupidità di alcuni soggetti, la cattiveria che questo virus ci ha messo a nudo sul nostro modo di essere degli individualisti.
Proprio prima che tutta l’Italia fosse stata messa in quarantena, avevo trovato un nuovo lavoro, precario ma pur sempre un lavoro… beh non ho fatto neanche in tempo ad iniziare che dopo una settimana, tutto l’Italia fu messa in quarantena.

Avevo appena fatto in tempo ad imparare l’essenziale che poi mi sono dovuto abituare in fretta e furia allo smart wortking.
Ed eccola la prima settimana di quarantena e già il secondo giorno non ne potevo più.

Ma quello che sis tava delineando ai miei occhi era la stupidità social di alcuni esseri umani.
Già nella prima settimana si leggeva sui vari canali social media tesi complottiste, articoli fuffa, politici che pensano a schernire il proprio rivale, il proprio paese con l’unico scopo di rivalsa.
Si avverte nell’aria che sarà una lunga molto lunga, la TV cominvia a martellare ancora di più cambiando i propri palinsesti dalle otto di mattina fino alle ore otto di sera; creando confusione mentale in due fascie di età ben precise… quelle che hanno difficoltà nell’accesso via internet Gli anziani e i poveri.

Incomincio già a sentire la paura che mi avvolge, la paura di non reggere, la paura della confusione, la paura del contagio, la paura della malattia.
Anche se sono all’inizio della quarantena mi sento molto fortunato perché c’é gente che lotta per non morire, c’è gente che si alza tutte le mattine per offrirci un servizio indispensabile alla comunità, c’è gente, infermieri, dottori, corrieri, medici, cassieri, volontari, che rischiano in prima persona per soccorere, guarire le persone malate, fornire dei servizi essenziali per la comunità.

Se io posso dare il mio contributo restando a casa, uscendo solo una volta per lo stretto necessario salvando la vita ad un mio simile lo faccio volentieri, siamo una comunità, siamo esseri umani.

 

Racconti Pericolosi

Cap. 26 

Tanti saluti

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Dopo questi risultati molto negativi mentre era a lavoro ed impegnato ad “occupare” le ore di lavoro in azienda, Pinco ricordava quando un anno fa viveva in Germania, a Berlino.
Si ricordava benissimo quando era appena arrivato dopo un lungo ed interminabile viaggio, pioveva a dirotto ad agosto, ricordava benissimo l’architettura e il design di ogni singolo palazzo, edificio che cambiava appena giravi l’angolo, l’altro era diverso.

Si era perdutamente innamorato di una città, una metropoli che parlava molte lingue, dove la storia era custode della comunità mondiale, si ricordava benissimo della puzza di cipolla appena entravi nella U-Bahn, pieno di giovani in quella città.

Brulicava di giovani, di qualsiasi lingua e colore dove ognuno poteva vestirsi come cavoli gli pareva che tanto nessuno lo guardava con pregiudizio, ognuno si faceva i fatti suoi in santa pace.
I parchi chilometrici, verdi, dei veri e propri polmoni della città, immensi e vari; inoltre all’interno di un parco camminando camminando si apriva uno spiraglio dal bosco dove c’erano dei campi da beach volley, costruito ad hoc.

I mezzi di servizio efficienti, puntuali; si poteva viaggiare con la bici vicino, piste ciclabili chilometriche a Berlino dove era molto più semplice girare in bici che in macchina.

Passeggiate chilometriche che venivano accompagnati da dei tramonti meravigliosi da togliere il fiato.

Pinco ricordava come le serate nei locali dove andava erano tra i più meravigliosi che aveva mai visto in vita sua; altri appena entravi era talmente piccolo il posto che non ti immaginavi neanche tutta quella roba in uno spazio così piccolo.

Flussi di gente, quartieri che cambiavano da zona a zona, di colore in colore, di lingua in lingua… insomma una vera città multiculturale.

Oltre a quanto detto poc’anzi, a Pinco gli tornava in mente due cose che lo avevano sorpreso.

Primo era l’augurio di essere un nuovo berlinese quando si era andato ad iscrivere presso l’ufficio anagrafe dall’addetta allo sportello del centro dell’impiego; questa cosa lo sconvolse positivamente perché al suo Paese era abituato al deserto dei tartar, neanche un buongiorno.

Li ci fu l’addetta che gli venne incontro e non viceversa e che lo aiutò per tutta la durata del processo di iscrizione all’anagrafe… online.

Spiegandogli, inoltre, passo dopo passo come compilarla bene.

In entrambe i casi, ci impiegò meno di cinque minuti ed ho detto tutto.

 

FIN

 

Racconti Pericolosi

Cap. 25

I Concorso (ultima parte)

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Altro concorso, altra rottura di palle.

Questo fu per Pinco una ghiotta occasione ma come scritto negli altri precedenti capitoli ci furono delle discrepanze nette; anche qui come il resto dei primi concorsi si doveva compilare e modificare un modulo, anche qui come gli altri si doveva consegnare in tempi brevi il modulo compilato.
L’unica cosa che andò per le lunghe fu il responso della prima parte della selezione, quattro mesi di attesa.

C’è di peggio direte voi…. Sta ceppa risponderebbe Pinco.

Ritorniamo a noi.

Il giorno della convocazione era di mattina presto presso un palazzetto dove se effettuavi la registrazione poi successivamente non potevi più uscire…anche se la prova era prevista per le ore dodici di mattina.

Pinco dalle ore 9 fino a quando non partì il test, si trastullava amabilmente le palle mentre c’era chi ripassava, c’era chi ripassava freneticamente gli argomenti che non aveva fatto in tempo a studiare, c’era chi non ricordava del perché era lì, chi non sapeva nulla, chi cercava di intortarsi la racchia della commissione esaminatrice per estorcergli qualche novità da condividere con gli altri, chi invece si faceva le passeggiate intorno all’anello del palazzetto per smaltire un pò di nervosismo pre test.

Pronti partenza via con il test.

C’era chi bisbigliava, chi sbadigliava, chi si strappava i capelli, chi tirava di coca, chi tirava le monetine come ai tempi di mani pulite, chi sapendo già da diversi mesi le domande perché era una para_culo impiegava tutto il tempo per completare il test.

Alla fine, anche qui, l’intelletto di Pinco non superò neanche questo concorso.

Racconti Pericolosi

Cap.24

I concorsi (seconda parte)

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Ma Pinco non si fece prendere dallo sconforto per non averli superati, anzi mentre era a lavoro notò su internet altri due concorsi che potevano fare al suo caso.
Si iscrisse subito, il giorno stesso scaricò il modulo cartaceo per iscriversi ad entrambe i concorsi.
Dopo il consueto orario di lavoro andò diretto alle poste del paese per inviare il materiale pre compilato come previsto in entrambi i concorsi.
Dopo un mese gli venne recapitata una pec dove si comunicava la cancellazione immediata della sua candidatura ai due concorsi… il motivo era banale perché secondo loro non aveva ricevuto nessun versamento per partecipare ai concorsi.

Eh sì avete capito bene per poter partecipare a questi due concorsi, Pinco doveva anche pagare…poi ovviamente nessuno ti ridava i soldi se non li avevi passati.

E’ logico perché come fai a pagare la commissione esaminatrice che per un paio di ore si trastulla e controlla a malapena i test sapendo già chi entrerà.

Pinco, colpito da un moto di orgoglio patriottico, sulle orme dell’inno nazionale australiano andò a rileggersi il bando, trovò le ricevute dei pagamenti effettuati e rispedì tutte le specifiche tramite pec al diretto interessato.

Pinco si appellò ad un articolo uscito nel bando,che prevedeva il riesame delle candidature che rispecchiavano le procedure di candidatura della supercazzola redatta dalla commissione. Appurato ciò scrisse una pec dove chiedeva gentilmente di essere riammesso e di rivedere la sua posizione alla commissione esaminatrice in base all’articolo suddetto.

Passò l’estate, passò l’inverno, arrivò l’anno nuovo e alla fine arrivò la tanto conclamata risposta nella quale la commissione dava ragione a Pinco rimettendolo ad entrambe i concorsi.
Pinco, trascinato sempre da un orgoglio patriottico, appena saputa la notizia cercò di mettersi subito a studiare anche se il tempo era stretto.

Arrivarono i giorni dei due test ed un primo momento andò tutto liscio, l’ispettore che illustrava come si doveva fare, il tempo, la durata e la modalità.

Ma, c’è sempre un ma nella vita di Pinco, successe che in uno dei due concorsi, un ragazzo aveva notato che in una delle trenta domande ce n’era una dove le risposte, non ce n’era nessuna esatta.

Notando che il ragazzo aveva ragione, ci fu una veloce riunione e l’ispettore decise con pugno fermo la cancellazione della domanda.

Tutti tirarono un sospiro di sollievo e continuarono alla compilazione dei test.

Durante lo svolgimento ci fu un gran bisbigliare, lancio di carta con le soluzioni esatte da parte del secchione di turno, rannicchiamento fisico da parte dei secchioni che non volevano farsi copiare le loro risposte.

Pinco sia per il primo che, soprattutto, il secondo si sentiva molto più sicuro di averlo passato ma né il primo né il secondo ebbe un riscontro positivo.

Anche qui, l’intelletto superiore di Pinco non sfondò.

Racconti Pericolosi

Cap 23

“ I concorsi”

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Prima dell’arrivo dell’estate, molti mesi prima, Pinco era in odore di rinnovo del proprio contratto di lavoro ed annusando l’andazzo generale, aveva mandato varie candidature a diversi concorsi inerenti al suo lavoro in azienda.

Perché? perché sì cazzo, mica un contratto dura in eterno…soprattutto nel Paese dove viveva lui.

I primi due concorsi riceverono rispettivamente più di duemila candidature a testa per la bellezza di una quarantina di posti fissi a tempo indeterminato per il primo, venti per la seconda.

Sia nel primo che nel secondo si presentarono sulle seicento persone a testa; infatti una volta entrati c’era il personale autorizzato e molto professionale che indicava dove sederti, quale penna usare, quale test e quale foglio compilare.

Prima di iniziare il test c’era una parte delle persone che si lamentava perché non ci vedeva nulla in quanto le luci erano spente, era freddo e il sistema di riscaldamento non funzionava; molte persone incominciarono a lamentarsi e il vociare, giustificato, aumentò tantoché la società che supervisionava questi due concorsi fu “costretta” ad accendere il riscaldamento, per il primo e la luce per il secondo.

Allentata la tensione, nel giro di pochi secondi incominciarono le prove.

C’era chi svelto svelto finì entrambi le prove ad una velocità supersonica, chi preso dall’ansia bestemmiava in aramaico perché le domande non corrispondevano a nulla di ciò che avevano studiato precedentemente, chi cercava di copiare da quello affianco o davanti senza neanche accorgersi che i testi erano diversi.

Entrambe le prove terminarono con un tempo di trenta minuti per la prima e quaranta minuti per la seconda.

Immaginatevi la scena di seicento persone che affollavano l’uscita o il tavolo per la consegna dei test completati che confusione poteva essere.

Pinco essendo di intelletto superiore alla media presente dopo aver finito il test restò seduto e si aprì un libro per leggere, per rilassarsi; poco dopo l’avvenuto sfoltimento della massa, Pinco si alzò e consegnò per ultimo i test.

Ah.. ovviamente il suo intelletto superiore non lo aiutò nel superare né il primo né il secondo.

Racconti Pericolosi

Cap.22

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L’estate era incominciata da un pezzetto e vi assicuro che in Australia si sentiva proprio bene; ovviamente nell’azienda dove Pinco lavora gli effetti dell’estate si facevano sentire soprattutto da chi era più anziano.
C’era chi si addormentava in piedi vicino al distributore di caffè, un’altra sclerava in continuazione mandando a quel paese persone immaginarie che esistevano solo nella sua testa, un altro dava da matto sbattendo i pugni chiusi sul proprio tavolo perché il pc non gli andava o si era fuso.
C’era anche chi il giorno prima di andare in ferie passava l’intera giornata a scrivere una email che di risposta al collega dell’ufficio accanto senza neanche alzarsi dalle sedie; solo per evitare la rottura di palle.

C’era chi faceva le pulizie anali con tanto agonismo prima di andare in ferie, chi durante la pausa caffè si pavoneggiava esponendo ai propri colleghi il programmone delle sue vacanze estive… così facendo creava dei dissapori tra chi invece non poteva o non voleva far nulla e avrebbe bighellonato per la città.

C’era chi invece non andava in ferie ma aspettava che tutti fossero rientrati per andare lei in ferie… alla faccia delle vacanze intelligenti.

C’era chi non vedeva l’ora di andare in pensione e davanti ad un calendario contava insistentemente le ore, minuti e secondi che le mancavano.

C’era anche chi malediceva quella persona poco di buono che gli aveva rigato la fiancata destra della macchina per uscire dal parcheggio perché essendo le officine chiuse e chi loro per le ferie, lui doveva andare in giro con una rigata di mezzo metro.

Insomma questo era l’ambiente, il clima che Pinco notò prima delle vacanze estive.

 

Buona estate

Racconti Pericolosi

Cap 21

“Il Mobbing”

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Capitò in un periodo dove Pinco e i suoi colleghi, “quello lo conosco” e “papà gambalunga”, avevano molto lavoro da finire prima delle vacanze estive; un giorno “Papà gamba Lunga” andò all’ufficio per comunicare le date in cui sarebbe andato in ferie.

“Ma com’è possibile?”

“Questo non è professionale, siete degli incompetenti”.

Praticamente successe che “papà gambalunga”, appena ebbe comunicato alla bocconiana le date, lei disse che era appena arrivata una comunicazione “dall’alto” nel quale si raccomandavano che per essere pagati regolarmente, gli ultimi assunti, dovevano per forza lavorare tutti il mese di agosto.

Fu proprio quest’ultima frase che scatenò l’ira di “papà gambalunga”.

Si narra che la bocconiana diventò rossa come un pomodoro e fece scena muta perchè ovviamente nel suo io interiore aveva capito la figuraccia da incompetente che aveva e che stava facendo. Lei, tentò in tutte le maniere nel discolparsi ma “P.GL” riuscì con una tale maestria nel controbattere tutto in maniera molto lucida. Uscendo dall’ufficio “papà gamba lunga” disse cosa aveva scoperto a Pinco e a “quello lo conosco”.

Lo sgomento generale colpì tutti e tre…ma ancora doveva venire il bello.

Infatti il giorno dopo, la bocconiana volle vendicarsi convocando in pompa magna una riunione.

Infatti oltre a Pinco, “Papà gambalunga” e “quello lo conosco”e la bocconiana vennero convocati due paraculo, un tranvone e Attila.

La riunione entrò subito nel vivo, infatti la bocconiana e “Papà gambalunga” se ne dicevano di santa ragione, talvolta caricando un pò troppo l’atmosfera.

Alla bocconiana riusciva benissimo perché oltre ad aver un lessico forbito, era sostenuta dal tranvone da una parte e da Attila dall’altra. Tentarono in tutte le maniere chi più e chi meno nel far sentire una merdaccia “Papà gambalunga” dandogli addosso in tutte le maniere per fargli la ramanzina sottotitolata del “come ti sei permesso di alzare la cresta?Cuccia”

Noi te la facciamo abbassare.

Ovviamente con il sostegno incondizionato da due paraculi che fecero di tutto per entrare nella discussione attendendo il momento giusto… e ci riuscirono dimostrando tutto il loro livello basso intellettivo ma alto di paraculaggine. La tranvona, amica della bocconiana, intervenne solo per sostenerla nei confronti di Papà gambalunga che lo riteneva una persona malefica, malfidato e non aveva fiducia nell’azienda.
Attila molto diplomaticamente dava del lei a tutti e cercava di far sentire una merda “ Papà gambalunga”… e per cosa? Per aver alzato la cresta.

La riunione durò all’incirca più di un’ora, fu un vero e proprio processo all’essere umano in quanto le due parti si affrontarono a viso aperto ma non si trovò una via di mezzo neanche quando “Q.L.C” con un paio di interventi cercava di mediare.

Alla fine la riunione terminò, le parti rimasero separate e tutti tornarono nei loro rispettivi alloggi.

Dopo un lungo chiacchierare “P.GL” con Pinco e “Q.L.C.”, comprese che l’unica cosa che aveva sbagliato era stata quella di aver alzato il tono della voce e infatti compreso ciò si scusò immediatamente con Attila, il quale ammise che la bocconiana aveva fatto la cazzata con una stretta di mano pacifica.

 

La bocconiana?

 

Non pervenuta.

Racconti Pericolosi

Capitolo Vento

 

Un’altra chicca da pausa caffè fu quando Splinter, il capo di Pinco raccontò un fatto buffo.

Raccontò che, la mattina stessa essendosi svegliato in ritardo per andare a lavoro si affrettò nel vestirsi e bevendo il caffè bollente come fosse un cicchetto si catapultò sulla bici che ogni mattina prendeva; bruciando pochi chilometri, Splinter, parcheggiò la bici sulla ringhiera e in men che non si dica arrivò cinque minuti in ritardo.

“Eureka” esclamò grondante di sudore misto cipolla, mentre, nel suo ufficio odorava puzza di merda.
Splinter  si accorse subito di aver centrato in pieno una merda di cane e, preoccupato di aver pestato tutto si fece il tragitto dalla sua casa all’ufficio in bici per vedere se aveva lasciato qualche scia maleodorante… beh ne aveva lasciate a go go; tant’è che passò gran parte della mattinata nel cercare di toglierle tutte con uno spray al pino silvestre scaduto da diversi anni.

Le uniche impronte che non riuscì a togliere, erano proprio quelle che stavano nella suola destra della sua scarpa.

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Racconti Pericolosi

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“La Pausa Caffé”

Il primo piano era frequentato dai paraculi che si inneggiavano paladini del Presidente elogiandolo con infiniti saluti quando passava perché il suo ufficio era a due passi dal distributore di caffè, bevande e i colleghi, sapendolo, ci davano dentro a leccate di sedere insieme a dei finti gesti di perbenismo come offrire il caffè ai boss del presidente. Durante una pausa caffè Pinco ascoltò la conversazione di due suoi colleghi che lo sconvolse; il tema era sulla bici elettrica e la bici naturale, dove il primo elogiava le bici elettriche perché rispettano l’ambiente invece il secondo elogiava la seconda perché ti modella il sedere.
Visto che non trovavano un punto d’incontro, la discussione verte sul costo e infatti la vinse quello che sosteneva la bici naturale perché i costi erano essenzialmente contenuti, anche se il didietro era sempre il centro della discussione perché in modo costante e continuò a chi pedalava quotidianamente. Terminata la discussione, i colleghi raccontarono a Pinco in disparte che uno dei due che stava disquisendo sul rassodamento del sedere e sulla bici elettrica era un raccomandato dell’alta società ma un pirla in quanto per fare tutto a norma, l’azienda gli infagottò, ad uncinetto, un concorso per un posto a tempo indeterminato. Gli raccontarono che tale concorso, le linee guida del candidato ideale, rispecchia tutto quello che aveva studiato il raccomandato ai tempi dell’università ma quando si presentò al concorso ebbe l’incapacità e l’idiozia di sbagliare tutto ma doveva essere assunto per forza.
L’altra zona “pausa caffè” era molto isolata e lontana da occhi e soprattutto orecchie che potevano sentire e parlare.
In questa zona franca si parlava del più e del meno, di quello che era comune o no, di come avevano passato il fine settimana, insomma parole banali di un dipendente qualsiasi.

Racconti Pericolosi

Capitolo Diciannove

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Nell’azienda dove lavorava Pinco da quasi cinque mesi erano state assunte tre galline e un fagiano.
Infatti l’azienda per non sborsare una lira, un euro, aveva fatto domanda presso il servizio civile dove qualsiasi azienda poteva presentare domanda per “reclutare” giovani alla ricerca di lavoro.

Le tre galline e il fagiano erano stati assunti da pochi giorni e già si davano un gran da fare all’interno dell’azienda con la vivida speranza di un posto fisso.
Le tre galline e il fagiano dopo neanche un mese sfrecciavano come delle saette sotto le indicazioni del direttore dell’ufficio stampa, BETULLA.

Lui dava ordini a manetta e pretendeva che nell’arco di poche ore, loro, dovevano correre da un ufficio all’altro con dei papiri chilometrici in pochi minuti.
Ma cosa contenevano questi papiri?
Nulla semplice licenze, deroghe, assicurazioni che lui negli anni si era scordato di archiviare o di far registrare.

Correvano così tanto che arrivavano a fine turno e non si accorgevano delle ore trascorse, Betulla per premiare la loro dedizione gli regalò quattro sacchi a pelo.

Questi sacchi a pelo non erano dei semplici regali anzi erano funzionali al loro lavoro, infatti, venivano utilizzati da loro quando avevano troppo lavoro e rimanevano in azienda fino a tardi e, delle volte ci dormivano anche.

Solo per essere presenti la mattina seguente.

Pinco, questa cosa gli faceva molto ridere perché pensava che questi quattro fessacchiotti erano già una fame e per lo più le ore in più che facevano non gli venivano neanche riconosciute….praticamente lavoravano a gratis.

Pinco pensava che questi quattro potevano veramente servire all’azienda e magari invece di approfittare di loro si poteva offrire un contratto di lavoro perché il potenziale era notevole.

Ma Pinco pensò che non poteva allinearsi per delle persone adulte e vaccinate per cui non erano del tutto imbecilli nel decidere cosa fare e cosa non fare.

“Se vogliono continuare, affari loro, razza di rincoglioniti!” Pensava tra se e se Pinco.