#work

I giorni del Cogliona

Fase 2- Prima Settimana

Mentre c’è la corsa da parte di prestigiosi Enti e Regioni nella riapertura di centri estetici, parrucchieri, stabilimenti balneari e bar si stanno sempre di più dimenticando degli infermieri, medici e dottori che lavorano, che stanno facendo il loro mestiere cercando di aiutare chi sta tra la vita e la morte.
Mentre molti Enti provano a far riaprire i locali ai loro associati non si capisce come e in che maniera, non si capiscono i tempi e le modalità.
La cosa essenziale che queste persone ed altri non dicono, sbadatamente o volutamente, è che bisogna fare i TAMPONI, bisogna TRACCIARE e bisogna avere TESTA.
Bisogna tracciare i contagiati, bisogna puntare sulla Sanità, sulla vita delle persone perché se le persone non stanno bene e muoiono poi il lavoro non c’è.
Bisogna che facciamo lavorare, pensare il cervello, bisogna capire che non andrà tuttto bene, bisogna capire che dobbiamo cambiare metodologia, dobbiamo cambiare modo di pensare il nostro modo di vivere perché se non lo facciamo sarà sempre dentro-fuori, fuori-dentro.
Capisco che una persona che possiede una propria attività  e deve tirare avanti in questo periodo non sia facilissimo anzi…. se aspetti l’aiuto dello Stato, campa cavallo che l’erba cresce.
Ma almeno non dire che, mentre stai facendo un test con le autorità per vedere se puoi aprire con le norme del DPCM e ti stai facendo riprendere da una tv regionale, sei già abituata all’utilizzo dei dispositivi previsti dalla legge per la sicurezza delle persone come la mascherina, guanti e visore che copre la faccia.
Perchè, escludendo guanti non credo che prima di questa pandemia tagliavi i capelli con i guanti, mascherina e visore.
Così si illude una buona fetta di persone.
Magari sarebbe stato molto più intelligente dire: “la situazione è delicata ma ci siamo attrezzati per il nostri clienti e abbiamo visto che possiamo aprire rispettando ed adeguandoci alle norme previste dalla legge.”
Ecco questo, ad esempio sarebbe stato una buona comunicazione.
Quindi, USIAMO IL CERVELLO, non fate finta di nulla, non sarà più come prima.
Usiamo il cervello, facciamolo ragionare perché se no non ne usciamo più.

Un’altra cosa che ho notato durante la settimana appena passata è la nuova moda per l’estate 2020:

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La Mascherina e i suoi molteplici modi di utilizzo.

La mascherina portata sul polso come se fosse un braccialetto, la mascherina sulla fronte, la mascherina tenuta come se portassi la busta della spesa tenendo i due elsastici, la mascherina tenuta nel cambio delle marce della macchina, la mascherina appesa nel gancetto dello specchietto, interno, della macchina.

Il Cervello è parte di te, non lasciarlo a casa, USALO.

Buon inizio di settimana

Racconti Pericolosi

Capitolo Vento

 

Un’altra chicca da pausa caffè fu quando Splinter, il capo di Pinco raccontò un fatto buffo.

Raccontò che, la mattina stessa essendosi svegliato in ritardo per andare a lavoro si affrettò nel vestirsi e bevendo il caffè bollente come fosse un cicchetto si catapultò sulla bici che ogni mattina prendeva; bruciando pochi chilometri, Splinter, parcheggiò la bici sulla ringhiera e in men che non si dica arrivò cinque minuti in ritardo.

“Eureka” esclamò grondante di sudore misto cipolla, mentre, nel suo ufficio odorava puzza di merda.
Splinter  si accorse subito di aver centrato in pieno una merda di cane e, preoccupato di aver pestato tutto si fece il tragitto dalla sua casa all’ufficio in bici per vedere se aveva lasciato qualche scia maleodorante… beh ne aveva lasciate a go go; tant’è che passò gran parte della mattinata nel cercare di toglierle tutte con uno spray al pino silvestre scaduto da diversi anni.

Le uniche impronte che non riuscì a togliere, erano proprio quelle che stavano nella suola destra della sua scarpa.

Pausa-caffè

Racconti Pericolosi

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“La Pausa Caffé”

Il primo piano era frequentato dai paraculi che si inneggiavano paladini del Presidente elogiandolo con infiniti saluti quando passava perché il suo ufficio era a due passi dal distributore di caffè, bevande e i colleghi, sapendolo, ci davano dentro a leccate di sedere insieme a dei finti gesti di perbenismo come offrire il caffè ai boss del presidente. Durante una pausa caffè Pinco ascoltò la conversazione di due suoi colleghi che lo sconvolse; il tema era sulla bici elettrica e la bici naturale, dove il primo elogiava le bici elettriche perché rispettano l’ambiente invece il secondo elogiava la seconda perché ti modella il sedere.
Visto che non trovavano un punto d’incontro, la discussione verte sul costo e infatti la vinse quello che sosteneva la bici naturale perché i costi erano essenzialmente contenuti, anche se il didietro era sempre il centro della discussione perché in modo costante e continuò a chi pedalava quotidianamente. Terminata la discussione, i colleghi raccontarono a Pinco in disparte che uno dei due che stava disquisendo sul rassodamento del sedere e sulla bici elettrica era un raccomandato dell’alta società ma un pirla in quanto per fare tutto a norma, l’azienda gli infagottò, ad uncinetto, un concorso per un posto a tempo indeterminato. Gli raccontarono che tale concorso, le linee guida del candidato ideale, rispecchia tutto quello che aveva studiato il raccomandato ai tempi dell’università ma quando si presentò al concorso ebbe l’incapacità e l’idiozia di sbagliare tutto ma doveva essere assunto per forza.
L’altra zona “pausa caffè” era molto isolata e lontana da occhi e soprattutto orecchie che potevano sentire e parlare.
In questa zona franca si parlava del più e del meno, di quello che era comune o no, di come avevano passato il fine settimana, insomma parole banali di un dipendente qualsiasi.

Racconti Pericolosi

Capitolo Diciannove

“New Entry”ginecologa-Firenze-zona-stazione

Nell’azienda dove lavorava Pinco da quasi cinque mesi erano state assunte tre galline e un fagiano.
Infatti l’azienda per non sborsare una lira, un euro, aveva fatto domanda presso il servizio civile dove qualsiasi azienda poteva presentare domanda per “reclutare” giovani alla ricerca di lavoro.

Le tre galline e il fagiano erano stati assunti da pochi giorni e già si davano un gran da fare all’interno dell’azienda con la vivida speranza di un posto fisso.
Le tre galline e il fagiano dopo neanche un mese sfrecciavano come delle saette sotto le indicazioni del direttore dell’ufficio stampa, BETULLA.

Lui dava ordini a manetta e pretendeva che nell’arco di poche ore, loro, dovevano correre da un ufficio all’altro con dei papiri chilometrici in pochi minuti.
Ma cosa contenevano questi papiri?
Nulla semplice licenze, deroghe, assicurazioni che lui negli anni si era scordato di archiviare o di far registrare.

Correvano così tanto che arrivavano a fine turno e non si accorgevano delle ore trascorse, Betulla per premiare la loro dedizione gli regalò quattro sacchi a pelo.

Questi sacchi a pelo non erano dei semplici regali anzi erano funzionali al loro lavoro, infatti, venivano utilizzati da loro quando avevano troppo lavoro e rimanevano in azienda fino a tardi e, delle volte ci dormivano anche.

Solo per essere presenti la mattina seguente.

Pinco, questa cosa gli faceva molto ridere perché pensava che questi quattro fessacchiotti erano già una fame e per lo più le ore in più che facevano non gli venivano neanche riconosciute….praticamente lavoravano a gratis.

Pinco pensava che questi quattro potevano veramente servire all’azienda e magari invece di approfittare di loro si poteva offrire un contratto di lavoro perché il potenziale era notevole.

Ma Pinco pensò che non poteva allinearsi per delle persone adulte e vaccinate per cui non erano del tutto imbecilli nel decidere cosa fare e cosa non fare.

“Se vogliono continuare, affari loro, razza di rincoglioniti!” Pensava tra se e se Pinco.

 

Racconti Pericolosi

Capitolo Dieci

Un’inaspettata Sentenza

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Una mattina, sentendo Pinco che si lamentava Oliver, un baldo anziano che lavorava lì da più di quarant’anni si avvicina fino a sentire i lamenti sempre più insistenti.

“Che succede?”, disse Oliver,

“Niente, sono solo stufo di lavorare qui, non mi sento valorizzato”.

“Vieni nel mio ufficio” disse Oliver a Pinco.

Appena entrati in ufficio Oliver fece entrare Pinco e disse:

“Che succede?” disse Oliver,

“Mi sono rotto i c       i qui perdo tempo e non mi sento valorizzato, ingrasso, mi lamento di tutto e tutti e bevo caffè di continuo” disse Pinco.

“Vedi Pinco qui ci lavoro da molto più tempo, prima che tu nascessi e ti devo dire che la maggior parte sono entrati perché hanno fatto le “pompe” a chi dovevano farlo e cuocevano salsicce alle feste del partito che gli faceva comodo. Io non ne posso più di lavorare qui, dovrei andarmene in pensione ma con questi continui cambi di governo è sempre un casino.

Qui è così e non cambierà nulla e niente e nessuno riuscirà, neanche tu.”

Pinco sentendo queste parole, si lasciò cadere nella sedia che aveva dentro, un velo di sconforto lo avvolse per tutto il giorno.

Caro lettore, mi rendo conto solo ora, e vi chiedo scusa, di non averti mai parlato di Oliver.

Oliver era un simpatico anziano dalla stazza imponente, massiccia, paffutello e un pò brizzolato. Passava la maggior parte del tempo a mangiare i deliziosi panini che la moglie gli preparava per l’ora di pranzo condito con qualche frutto per la digestione.

I panini che gli faceva la moglie erano:

  • Panino con il ciauscolo,
  • Panino con la salsiccia e gli spinaci,
  • Panino con la mortadella, pistacchi e pecorino,
  • Panino la salsiccia e il parmigiano,
  • Crescia con la bistecca condita a punti, verdure grigliate e formaggio di fossa.

 

Ecco io già al primo panino avevo la bava alla bocca.

Racconti Pericolosi

Capitolo Dieci

 

boss

Ora non so veramente come iniziare questo altro capitolo; perché gli argomenti scarseggiano.

Anzi no.

Ho trovato un argomento.

Vi parlerò del direttissimo, il capo dei capi, il capo dell’azienda.

Infatti Pinco considerando che contava quanto una suola della scarpa, non l’aveva mai e poi mai visto.

Sulla figura del direttissimo, il capo dei capi, aleggiava un alone di mistero e di assenza su tutto quello che faceva o che i suoi “scagnozzi” comandavano.

Più cose faceva, più il codazzo di “scagnozzi” aumentava intorno a lui; tutti intenti al raggiungimento verso lo scopo come:

“Assunzione a Tempo Indeterminato”.

Come dicevo ad inizio capitolo, aleggiava intorno al direttissimo un alone di mistero; c’era chi lo paragonava al  Salvatore della Patria, chi a macchia nera, chi ad Arsenio Lupin, chi ad un coglione messo lì da altro coglioni, chi stravedeva per lui, chi invece si sentiva illuminato o unto dal Direttissimo, con tanto di riverenza.

Pinco incuriosito da tutta questa fama, voleva conoscerlo ma doveva chiedere un appuntamento.

Allora scese le scale, si diresse verso la porta della segretaria del direttissimo perché, ovviamente, lui era in riunione e chiese con fare gentile se poteva avere il piacere di parlare con lui.

Il segretario dopo un attimo di silenzio, sbuffò e disse:” Il primo appuntamento é per giugno 2025”.

 

“Me cojoni” disse tra sé e sé Pinco.